giovedì 25 aprile 2013

Nessuna sintonia con gli elettori (Mads Frese, Information, Danimarca)



Evitando di eleggere Stefano Rodotà, il Partito democratico non ha ascoltato la richiesta di cambiamento.



Giorgio Napolitano è stato rieletto presidente della repubblica e la sinistra ha perso l’ennesima occasione per chiudere con l’epoca berlusconiana. 
C’è stata una controriforma senza che prima ci siano state le riforme. È questa la dinamica che ha portato alla rielezione dell’ottantasettenne Napolitano.
Alla richiesta di cambiamento, evidente dal risultato delle elezioni politiche, il sistema ha risposto con le barricate.
Due terzi degli elettori hanno votato per i partiti che avevano promesso una resa dei conti con il Cavaliere, ma nonostante questo il leader del Popolo della libertà ha avuto un ruolo di primo piano nella rielezione di Napolitano. Inoltre più avanti potrà puntare alla più alta carica dello stato e all’immunità.
Il Partito democratico (Pd), che è stato anche il partito di Napolitano, ha pagato a caro prezzo la decisione di voler far eleggere nelle prime votazioni un esponente della partitocrazia. 
Il paradosso è che il Movimento 5 stelle ha accelerato la crisi del Pd proponendo alla presidenza della repubblica il giurista Stefano Rodotà, che in passato ha avuto importanti incarichi nei partiti del centrosinistra. Mentre Berlusconi era al governo, su Repubblica nel 2010 Rodotà scriveva: “L’eversione quotidiana fa sì che neppure la legge possa essere invocata, non avendo la funzione di perseguire giustizia e eguaglianza, ma quella, opposta, di offrire impunità e privilegio”.

Rodotà appartiene alla parte laica della sinistra italiana e rivendica il diritto dei parlamentari a legiferare senza l’interferenza della chiesa cattolica, in particolare su questioni importanti come l’inizio e la ine della vita. Tuttavia, una vasta alleanza cattolica ha preferito il più pragmatico Napolitano.
Rodotà era il candidato che avrebbe potuto creare la base per un dialogo tra l’M5s e il Pd rispondendo alla domanda di cambiamento del sistema politico. Ma invece di rispondere alla domanda di cambiamento, il Pd ha scelto lo status quo alleandosi con chi le elezioni le ha perse: Silvio Berlusconi e Mario Monti. E li ha resuscitati dalla morte politica. 
Berlusconi chiederà sicuramente garanzie sul conflitto d’interessi e sui procedimenti a suo carico, in cambio del sostegno a un governo di unità nazionale. 
Monti può sperare in un posto
come ministro dell’economia, anche se gli elettori hanno bocciato la politica economica del suo governo. E questo può essere un problema sia per l’Italia sia per l’Europa, entrambe colpite dalla crisi. Con un governo che dipende dal sostegno di Berlusconi, sarà ancora più diicile affrontare la questione della corruzione, visto che sono molti gli esponenti del Popolo della libertà coinvolti in procedimenti per questo reato. Inoltre, l’Italia e il resto dell’Europa non potranno sperimentare delle soluzioni alternative a una politica economica fallimentare. 
I vecchi rancori e le guerre tra le correnti nel Pd hanno soffocato ogni tentativo di rinnovamento.
Oggi l’M5s appare come l’unica forza che può portare avanti il cambiamento. È una grande responsabilità, e Grillo ha fatto bene subito dopo l’elezione di Napolitano a rinunciare a una marcia notturna su Roma, che avrebbe evocato tristi ricordi. Purtroppo, però, non c’è alcuna garanzia che l’emarginazione parlamentare eviti forme più estreme di dissenso, in un paese sempre più povero e con forti disuguaglianze. 
La crisi di credibilità che ha investito molte istituzioni ha fatto aumentare, già nel primo settennato, l’influenza di Napolitano nella vita politica italiana. 
Il presidente è stato rieletto, ed è la prima volta nella storia repubblicana, forzando le intenzioni dei padri costituenti, come ha ricordato lo stesso Napolitano.
Quest’assenza di regole è preoccupante e lo è ancora di più se si considera l’idea illiberale dello stato che il presidente – nel 1956 sostenitore dell’invasione sovietica dell’Ungheria – dimostra di avere difendendo a oltranza un sistema partitico ormai fallito. Durante il suo discorso d’insediamento, Napolitano ha difeso il sistema attaccando il comportamento dei partiti e assolvendo di fatto i responsabili. Ora rischia di diventare il simbolo imbalsamato di un sistema ormai guasto: “Una mia rielezione sarebbe una non-soluzione. Ora ci vuole il coraggio delle scelte. Bisogna guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro”, aveva dichiarato pochi giorni prima della sua rielezione.
E aveva aggiunto: “Tornare indietro sarebbe ai limiti del ridicolo”.

(Mads Frese, Information, Danimarca)


Fonte: Internazionale 25 aprile/2 maggio 2013 N°997

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