venerdì 12 aprile 2013

I giochi di potere del Ciad (Daily Maverick, Sudafrica)




Ci sono paesi di cui si parla spesso. Di altri quasi ci si dimentica. 
Il Ciad è tra questi, ma non significa che sia poco potente. Sappiamo con certezza che da anni il Ciad è coinvolto in tutto quello che succede nella Repubblica Centrafricana. Il presidente Idriss Déby non solo conosce bene la regione, ma negli ultimi dieci anni ne ha influenzato le
politiche – o almeno ci ha provato. 
Nel 1990 Déby, un generale deluso, organizzò un colpo di stato contro il presidente di allora, Hissène Habré, lo rovesciò e assunse il controllo del paese. Anche se ha adottato uno
stile di governo autoritario, Déby non è mai riuscito a consolidare il suo potere fino in
fondo. Però, è riuscito a rimanere al suo posto, nonostante la ribellione di vari gruppi dissidenti e l’opposizione, a tratti molto forte, dei paesi vicini.
Déby si è contraddistinto per la capacità di manipolare a suo vantaggio i conlfitti regionali.
La Repubblica Centrafricana è un esempio di questa strategia. Negli ultimi dieci anni i ribelli ciadiani si sono insediati nel nord della Repubblica Centrafricana e da lì hanno lanciato attacchi contro il governo di N’Djamena. 
Déby, però, ha trovato una soluzione conveniente schierandosi con François Bozizé, un politico centrafricano in esilio. Con l’aiuto del Ciad, Bozizé nel 2003 ha guidato un golpe contro il presidente dell’epoca, Ange-Félix Patassé e da allora N’Djamena ha giocato un ruolo importante nel mantenere al potere Bozizé, almeno fino a marzo scorso.

I rapporti tra Déby e Bozizé rendono gli ultimi eventi a Bangui ancora più confusi. 
Il 24 marzo i ribelli della coalizione Séléka sono entrati nella capitale centrafricana mettendo
in fuga Bozizé. Secondo alcune testimonianze hanno potuto contare sull’appoggio delle truppe ciadiane. 
A questo punto, varrebbe la pena chiedersi da che parte stessero davvero i duemila soldati ciadiani, che erano stati mandati lì per combattere contro i ribelli. Le avventure militari
del Ciad nella regione non iniscono qui.
In Mali duemila uomini delle forze speciali ciadiane aiutano gli eserciti francese e maliano nella guerra contro i gruppi estremisti islamici. 
Ma perché si trovano così lontano da casa? Déby non è noto per il suo impegno a favore del buongoverno e dei diritti umani, quindi è improbabile che sia questa la sua preoccupazione per il Mali. È più probabile che si tratti di una combinazione di altri fattori. In primo luogo, per mantenere un esercito pronto ai combattimenti bisogna tenerlo allenato. In secondo luogo, impegnare duemila soldati all’estero significa avere duemila soldati in meno che potrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di un golpe. In terzo luogo, se un paese partecipa a operazioni internazionali è più difficile che attiri le critiche della comunità internazionale. Infine, è un buon modo per rafforzare la sua influenza regionale. 
Un aspetto da non sottovalutare: mentre altri leader intorno a lui sono stati deposti, uccisi (come Muammar Gheddai) o costretti a pesanti concessioni (come Omar al Bashir in Sudan), Déby è riuscito a rimanere al potere e ad accrescere la sua influenza a livello regionale e continentale.


(Simon Allison, Daily Maverick, Sudafrica)




DA SAPERE: 


Mali
Il 7 aprile 2013 la Francia ha lanciato l’operazione Gustav, schierando un migliaio di soldati in un’offensiva contro i gruppi estremisti islamici nella zona di Gao. Parigi, che a gennaio
aveva inviato quattromila soldati in Mali, ha già cominciato il ritiro dei suoi uomini. Nel paese è presente anche un grosso contingente ciadiano, di 2.200 unità, attivo nella zona di kidal.

Repubblica Centrafricana: Il 6 aprile il leader golpista Michel Djotodia ha ordinato la
creazione di un consiglio superiore della transizione, che dovrà designare il nuovo presidente. Il 4 aprile il governo ciadiano ha smentito le accuse dell’ex presidente centrafricano François Bozizé, che ha accusato il Ciad di aver sostenuto l’avanzata dei ribelli.




Fonte: Internazionale N°995, 12/18 aprile 2013

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