giovedì 11 aprile 2013

La democrazia capitalista cambia il clima (Noam Chomsky)




Sulla compatibilità tra capitalismo e democrazia si discute da anni. Se parliamo della
democrazia capitalista reale (per la quale userò la sigla Dcr), che è diversa dal semplice capitalismo, la risposta è semplice: sono incompatibili. 
A mio parere è improbabile che la civiltà possa sopravvivere a questa democrazia indebolita. Ma una democrazia che funzionasse davvero farebbe qualche diferenza? 
Limitiamoci a esaminare il problema più grave che l’umanità deve affrontare oggi:
la catastrofe ambientale. Su questo le politiche e gli atteggiamenti dell’opinione pubblica divergono nettamente, come spesso succede nelle Dcr. 
Non è l’opinione pubblica ad allontanare gli Stati Uniti dal resto del mondo. Anzi: l’opinione pubblica è molto più vicina a quella del resto del pianeta di quanto non appaia dalle scelte di Washington, e molto più favorevole a prendere provvedimenti per afrontare il disastro ambientale previsto da quasi tutti gli scienziati (e che probabilmente peserà sulla vita dei nostri figli e nipoti). 
Intanto però l’Alec, l’American legislative exchange council, una lobby che elabora leggi in base agli interessi delle aziende, ha presentato l’Environmental literacy improvement act, una legge per “migliorare le conoscenze ambientali dei giovani”. 
L’Alec act prevede un “insegnamento equilibrato” della scienza del clima nell’ultimo anno delle scuole superiori. “Insegnamento equilibrato” in realtà significa negazione del cambiamento climatico per bilanciare il messaggio degli esperti del settore. È come l’insegnamento equilibrato invocato dai creazionisti per poter insegnare la “scienza della creazione” nelle scuole pubbliche. Norme che si basano sul modello Alec sono state già introdotte in vari stati americani, presentandole come modi per insegnare ai giovani a pensare in modo critico.
I mezzi di informazione di solito sostengono che ci sono due posizioni contrapposte sul cambiamento climatico.
La prima è quella della stragrande maggioranza degli scienziati, delle principali istituzioni scientifiche del paese e delle riviste specializzate. E tutti concordano nel dire che è in corso un riscaldamento globale su cui pesano molto le attività umane. 
La seconda è quella degli scettici, compresi alcuni stimati scienziati che ci avvertono che ancora non ne sappiamo abbastanza, il che signiica che la situazione potrebbe non
essere così brutta come pensiamo, o potrebbe essere anche peggiore. Sembra che la loro propaganda abbia sortito un qualche effetto sull’opinione pubblica statunitense,
che è più scettica della media globale, ma ai nostri padroni ancora non basta. Forse è per questo che alcuni settori del mondo aziendale stanno lanciando l’attacco contro il sistema dell’istruzione, per contrastare a pericolosa tendenza del pubblico a prestare
attenzione alle conclusioni della ricerca scientifica.
Nel sistema della democrazia capitalista attuale è molto importante che il nostro diventi
un paese di idioti, che non si lasciano fuorviare dalla scienza e dalla razionalità, nell’interesse dei guadagni a breve termine dei signori dell’economia e della politica, e al diavolo le conseguenze. 
Questa teoria è profondamente legata alla dottrina fondamentalista del mercato che viene predicata nelle cosiddette democrazie, anche se rispettata in maniera molto selettiva per mantenere uno stato forte che curi gli interessi dei ricchi e dei potenti.
La dottrina ufficiale presenta una serie di “inefficienze” che conosciamo bene, come quella di non tenere conto degli effetti sugli altri delle transazioni di
mercato.  Questi effetti collaterali possono essere notevoli.
L’attuale crisi finanziaria ne è un esempio. È infatti parzialmente attribuibile alle grandi banche e alle società di investimenti che nell’intraprendere transazioni rischiose non hanno tenuto conto del “rischio sistemico”, cioè della possibilità che l’intero sistema crollasse. La catastrofe ambientale è una cosa molto più seria. 
L’effetto collaterale che stanno ignorando è il destino della specie. E in questo caso nessuno la salverà. Gli storici del futuro osserveranno questo curioso scenario dell’inizio del ventunesimo secolo, in cui per la prima volta nella storia gli esseri umani hanno dovuto affrontare la prospettiva di una grave calamità provocata da loro e che minaccia la loro sopravvivenza. E noteranno che il paese più potente di tutti, che godeva di incomparabili vantaggi, ha fatto di tutto per accelerare il disastro. Il tentativo di preservare le condizioni in cui i nostri discendenti potrebbero avere ancora una vita decente, invece, l’hanno fatto le società cosiddette primitive: le tribù indigene e aborigene. Le popolazioni indigene di varie parti del mondo chiedono l’aiuto dei paesi ricchi per poter lasciare le loro riserve di petrolio sottoterra, dove dovrebbero restare. E le nazioni più civili e sofisticate ridono della loro ingenuità. È proprio il contrario di ciò che imporrebbe la ragione, se non fosse una forma di razionalità distorta dal filtro della democrazia capitalista reale.



(Noam Chomsky, insegna linguistica all’Mit di Boston)

Fonte: Internazionale N°994, 05/11 aprile 2013

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