domenica 14 ottobre 2012

Onu: “Per salvare il pianeta bisogna cambiare dieta, basta carne e latticini (World Press)



Serve un cambiamento della dieta globale per salvare il mondo dalla fame, dalla penuria di combustibili e dalle conseguenze più gravi del riscaldamento climatico. Lo afferma un rapporto dell’Unep, il Programma ambientale dell’Onu, lanciato in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente di sabato, secondo il quale, con una popolazione mondiale di 9,1 miliardi di persone attesa nel 2050, la predilezione occidentale per bistecche e formaggi diventerà insostenibile.

“Gli impatti dell’agricoltura dovrebbero aumentare in misura sostanziale, perché la crescita della popolazione aumenterà i consumi di prodotti animali. A differenza dei combustibili fossili, è difficile trovare alternative: la gente deve mangiare – si legge nel rapporto -. Una riduzione degli impatti sarà possibile solo con una sostanziale cambiamento della dieta mondiale, che faccia a meno di prodotti animali”.
Il professor Edgar Hertwich, che ha coordinato il rapporto, dice al quotidiano britannico The Guardian : “I prodotti di origine animale causano più danni all’ambiente che la produzione di minerali per costruzione, come la sabbia o il cemento, la plastica o i metalli. Le biomasse e le colture per mangimi animali sono dannose come bruciare combustibili fossili”.
Gli esperti dell’Unep hanno classificato vari prodotti, risorse, attività economiche e trasporti a seconda dei loro impatti ambientali. L’agricoltura si è classificata allo stesso posto del consumo di combustibili fossili perchè entrambi aumentano in fretta con l’accelerazione della crescita economica, spiegano.
Il copresidente del gruppo, l’esperto ambientale Ernst von Weizsaecker, spiega “il crescente benessere provoca un cambiamento della dieta in favore di carne e latticini. L’allevamento di animali consuma gran parte dei raccolti mondiali, e di conseguenza moltissima acqua, fertilizzanti e pesticidi”.
Sia l’energia che l’agricoltura vanno “staccate” dalla crescita economica perché gli impatti ambientali, secondo il rapporto, aumentano dell’80% con un raddoppio del reddito disponibile.
Achim Steiner, vice segretario generale dell’Onu e direttore esecutivo dell’Unep afferma che “il decoupling della crescita dal degrado dell’ambiente è la sfida principale per i governi in un mondo con popolazione crescente, redditi crescenti, consumi crescenti e la sfida permanente della riduzione della povertà”.
Ecco la lista delle priorità ambientali per i governi di tutto il mondo individuate dal rapporto: cambiamento climatico, cambiamento dell’habitat, eccessivo utilizzo di azoto e fosforo nei fertilizzanti, sfruttamento eccessivo della pesca, delle foreste e di altre risorse, specie invasive, acqua potabile e fognature non sicure. Esposizione al piombo, inquinamento atmosferico urbano ed esposizione lavorativa ai particolati.
L’agricoltura, in particolare per la produzione di carne e latticini, conta per il 70% dei consumi idrici mondiali, per il 38% dell’utilizzo del terreno e per il 19% delle emissioni di gas serra. Lo scorso anno la Fao ha diffuso una stima secondo la quale la produzione di cibo dovrà aumentare del 70% a livello globale entro il 2050 per alimentare la popolazione: secondo l’organizzazione alimentare dell’Onu i progressi tecnologici non basteranno a controbilanciare l’aumento demografico.

giovedì 11 ottobre 2012

Quello che Obama e Romney non dicono (Noam Chomsky)



Il 19 settembre Justin Gillis ha scritto sul New York Times che per quest’anno LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI nel mar Glaciale artico si è fermato, “ma non prima di aver battuto il suo precedente record”. Lo scioglimento è molto più veloce di quanto previsto dai più avanzati modelli computerizzati e dall’ultimo rapporto dell’Onu sul riscaldamento globale. Nuovi dati indicano che entro il 2020 d’estate non ci sarà più
ghiaccio, mentre secondo le stime precedenti sarebbe dovuto scomparire nel 2050. “Ma i governi non hanno reagito alla notizia limitando le emissioni di gas serra”,
scrive Gillis. “Al contrario, hanno deciso di sfruttare i minerali che sono diventati accessibili nell’Artico e di estrarre una maggiore quantità di petrolio”, cioè di accelerare la catastrofe. (...)

Anche il secondo grande problema, LA GUERRA NUCLEARE, è in prima pagina tutti i giorni, ma in modo curioso. Il pericolo, come al solito, viene dal Medio Oriente, in

particolare dall’Iran, almeno secondo gli occidentali.
In Medio Oriente, però, gli Stati Uniti e Israele sono considerati un pericolo molto maggiore. A difFerenza ell’Iran, Israele non accetta ispezioni e si riFiuta di Firmare
il Trattato di non proliferazione nucleare. Ha centinaia di missili atomici, sistemi avanzati Ndi lancio e una lunga storia di violenza e aggressioni, grazie al costante appoggio degli Stati Uniti. Invece i servizi segreti americani non sanno con certezza se
l’Iran sta cercando di produrre armi nucleari. Però a Teheran deve essere negato
il diritto di arricchire l’uranio, che è garantito dal Trattato di non proliferazione.
(...)

Siamo sulla strada di una guerra devastante, forse di un conflitto atomico. 
Ci sarebbero misure semplici per evitarlo, ma non saranno mai adottate se non ci sarà
un grande movimento popolare che le chiede. Anche questo, però, è poco probabile, almeno finché questi problemi saranno ignorati non solo nel circo elettorale ma anche in quello dell’informazione. 
Le elezioni sono gestite dall’industria delle pubbliche relazioni, la cui attività principale è la pubblicità commerciale, che serve per manipolare il mercato creando consumatori disinformati che fanno scelte irrazionali.

(Noam Chomsky insegna linguistica all’Mit di Boston.)


Fonte: Internazionale N° 970, 12/18 ottobre 2012