sabato 25 maggio 2013

Cervelli in fuga (Pierre de Gasquet, Les Echos, Francia)




La politica di austerità accelera i lussi migratori dal sud della zona euro.
Con 42mila trasferimenti (su un totale di circa un milione di immigrati nel 2012, secondo le stime dell’istituto tedesco di statistiche Destatis) gli italiani che vivono in Germania superano gli spagnoli (trentamila), i greci (34mila) e i portoghesi. Anche se sono ancora distanti dai polacchi (180mila emigrati in Germania
solo nel 2012), il fenomeno non è sfuggito ai mezzi d’informazione italiani, che hanno visto nell’accelerazione della fuga dei cervelli all’estero un altro effetto perverso delle politiche di austerità.
Da una parte c’è un livello alto di disoccupazione giovanile nella penisola (38,4 per cento) e dall’altra il mercato del lavoro in Germania è molto attivo.
“C’è un aumento esponenziale delle richieste di impiego, del 300 per cento, in particolare per ingegneri, fisici meccanici e professionisti del settore aeronautico”, spiega Laura Robustini, che lavora per la rete Eures (Servizi europei per l’impiego).
Tra le altre figure professionali, le più richieste sono i tecnici informatici, i medici, il personale paramedico e gli operatori turistici. La conoscenza del tedesco è spesso un requisito necessario. Per alcuni lavori, invece, come quello di ingegnere aeronautico, non è sempre richiesta la conoscenza della lingua. Il numero di studenti italiani che sceglie il tedesco come seconda lingua all’università è in forte crescita (37 per cento in più nel 2012), così come le domande di soggiorno per studiare in Germania (36 per cento in più).
A Berlino la nuova emigrazione italiana è costituita soprattutto da giovani laureati.
La Conferenza episcopale italiana (Cei) ha presentato uno studio sul lavoro in cui parla di “fuga di cervelli a senso unico” che interessa quasi trecentomila laureati all’anno. Tra le professioni più esposte: gli architetti e gli ingegneri, che hanno visto crollare del 26 per cento il loro reddito medio annuo nell’arco degli ultimi cinque anni.


(Pierre de Gasquet, Les Echos, Francia)


Fonte: Internazionale 24/30 maggio 2013, N°1001

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