sabato 12 gennaio 2013

Un calcio al razzismo (The Guardian, Regno Unito)




In meno di 48 ore, nel mondo del calcio europeo sono avvenuti due eventi eccezionali, uno in campo e uno fuori. Il 3 gennaio il giocatore del Milan Kevin-Prince Boateng ha chiesto ai compagni d’interrompere la partita per protesta contro i ripetuti insulti razzisti da parte di un gruppo di tifosi della squadra avversaria.
E, finora, non è stata pronunciata una parola di critica contro di lui né contro la squadra né contro i dirigenti. Il calcio italiano si è vergognato di se stesso. E anche quello britannico dovrebbe farlo.
In passato un giocatore che avesse reagito alle provocazioni razziste lanciando la palla tra la folla, come ha fatto Boateng prima di allontanarsi, sarebbe stato criticato.
Quando nell’ottobre del 2012 il giocatore della squadra inglese under 21 Danny Rose lo ha fatto durante una partita contro la Serbia, è stato mandato fuori subito, aggiungendo un nuovo episodio alla lunga storia di accettazione dell’inaccettabile.
Le autorità europee sono notoriamente tenere con le squadre che hanno tifosi razzisti e fanno multe spesso solo simboliche. Questa volta, invece, la Federazione italiana gioco calcio non ha neanche parlato di punizioni. Sia la Figc sia la Uefa hanno taciuto.
È difficile immaginare un’arma più efficace contro i tifosi scorretti che privarli della partita che sono andati a vedere. Ma quell’arma, che ormai fa parte dell’arsenale ufficiale contro i comportamenti violenti, non è stata ancora usata contro i cori razzisti intonati su molti campi. Le federazioni fanno tanti bei discorsi, ma non li sostengono con gesti che potrebbero eliminare certi comportamenti in campo e fuori. Prendono tempo,
ma ormai non ne è rimasto molto.
La crisi economica ha accentuato le divisioni all’interno della società. La retorica politica comincia a usare certi gruppi come capri espiatori, e in tempi difficili è facile mettere le persone le une contro le altre. Nonostante gli scandali, il calcio ha ancora un ruolo importante nello stabilire e norme culturali. E in questo senso, la mancanza di una decisa condanna ufficiale del razzismo è una vergogna.
Il Milan ci ha insegnato che l’arma migliore contro l’inerzia delle istituzioni è la solidarietà.

Fonte: Internazionale N°982, 11/17 gennaio

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