sabato 5 gennaio 2013

La partitocrazia italiana e i movimenti (Manuel Castells)




La partitocrazia è una malattia senile della democrazia. 
Un caso di scuola è quello dell’Italia, un paese straordinariamente creativo nell’arte e nell’industria, con una cultura che è alla base del pensiero occidentale, dove però la società è stata maltrattata da una classe politica rapace e da un sistema dei partiti che ha ipotecato la democrazia a favore di una casta. 
L’ultima vergognosa bufonata di Silvio Berlusconi non è insolita nel teatrino politico italiano. Prima Berlusconi ha ritirato l’appoggio a Monti, l’onesto professore che sta mettendo ordine nella quarta economia europea. Monti, ovviamente, ha annunciato le dimissioni: si voterà a
febbraio. Berlusconi allora si è candidato, con una piattaforma antieuropea e populista che allarma Berlino, Bruxelles e Washington. Di fronte all’ostilità dei conservatori europei e con il rischio di perdere, il Cavaliere si è rimangiato la parola: ha promesso di sostenere Monti
se accetterà di guidare i “moderati” e ha chiesto anche il sostegno della Lega nord, minacciando di farle perdere il governo di Veneto e Piemonte. Monti lo ha ignorato e la situazione rimane incerta.
Niente di nuovo per l’Italia. Nel 1992 lo scandalo di Tangentopoli mise fine all’egemonia democristiana e socialista denunciando la corruzione dei partiti (un po’ meno di quello comunista), portando al riiuto della classe politica, al naufragio dei socialisti di Bettino Craxi (che si rifugiò in Tunisia) e alla graduale trasformazione degli eurocomunisti nel Partito democratico (Pd).
Il paradosso è che da quella rigenerazione causata da giudici progressisti è venuto fuori Berlusconi (amico di Craxi e dei socialisti). Nonostante i sospetti di legami con la mafia su cui la magistratura lavora da anni, nell’immaginario politico degli italiani Berlusconi ha
trionfato incarnando l’antipolitica. Il nome del suo partito, Forza Italia, faceva pensare alla nazionale di calcio e il suo potere televisivo gli ha garantito il monopolio di un messaggio semplicistico da imprenditore (non politico) che divertiva la maggioranza degli uomini con
battute sessiste sulle donne.
Di fronte allo stupore del mondo, la maggioranza degli italiani ha continuato a votare Berlusconi, che ha gestito a suo piacimento le alleanze garantendo favori e immunità ai corrotti e a se stesso prima di tutto. Alla fine tra le pressioni dei mercati, dei governi europei,
delle donne e dei nuovi movimenti sociali, Berlusconi è caduto. Il Pd è diventato la principale forza politica e il primo partito nei sondaggi. Ma molti italiani, soprattutto le donne e i giovani, continuano a non fidarsi dei partiti tradizionali e, liberi dal fascino esercitato dal grottesco berlusconismo, si sono messi in movimento.
O, per meglio dire, nei movimenti, con una pluralità di forme e manifestazioni che hanno cercato di intervenire subito sulla scena politica. 
L’esempio più eclatante è il Movimento 5 stelle guidato da Beppe Grillo, che ino a poco tempo fa aveva il 20 per cento di consensi nei sondaggi. È un partito che funziona soprattutto su internet, non fa propaganda in tv, propone l’uscita dall’euro, critica radicalmente il sistema
parlamentare attuale e propone una severa regolamentazione del mondo finanziario. 
Beppe Grillo era un comico televisivo il cui sarcasmo contro la casta si è fatto sempre più caustico ino a essere escluso dai canali tv pubblici e privati. Si è alleato con il pubblicitario Gianroberto Casaleggio per trovare nuove strategie di comunicazione, e ha sfruttato la sua popolarità per fare campagne a favore dell’ecologia e contro la corruzione. Il suo blog è diventato una piattaforma politica. Ha lanciato un’iniziativa per cambiare il sistema elettorale, e in vista delle nuove elezioni legislative ha organizzato le primarie del Movimento
5 stelle con 1.400 candidati via internet. 
Sono degli illusi? Molti italiani, soprattutto i giovani, prendono più sul serio Grillo dei partiti tradizionali. Alle ultime regionali e comunali il Movimento ha riscosso grandi successi, entrando in centinaia di amministrazioni locali, conquistando Parma e diventando il primo partito in Sicilia (dove il 28 ottobre nell’impero dell’omofobia e della criminalità è stato eletto governatore Rosario Crocetta, gay dichiarato e militante
antimafia).
Il successo di Beppe Grillo è stato oscurato dalle critiche al suo autoritarismo per l’espulsione di due consiglieri del movimento in Emilia-Romagna: un gesto che gli è costato il 5 per cento dei consensi. Eppure il grillismo sta cambiando la scena politica italiana, insieme al movimento degli “arancioni”, che riunisce i sindaci progressisti di Milano (Giuliano Pisapia) e di Napoli (Luigi De Magistris) eletti con il sostegno della società civile e gli attivisti antimafia come il magistrato Antonio Ingroia. 
All’orizzonte c’è un’alleanza critica con il Pd. Per non essere da meno, il Pd ha deciso di organizzare primarie dirette tra i cittadini per scegliere i candidati. E così l’Italia, che ha toccato il fondo nella decadenza partitocratica, è anche il paese in cui nascono forme embrionali di rifondazione della democrazia, a partire dai movimenti sociali. 

(Manuel Castells è un sociologo spagnolo che insegna all’University of Southern California)

Fonte: Internazionale, 21/27 dicembre, N°980

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